Maeve, Oroh, Sasha, Niamh, Laura… i nomi sfilano con un bel sorriso inglese, africano, indiano, portoghese o italiano. Sono una ventina gli adolescenti. Composti, in silenzio, radunati in sacristia, è il primo dei due gruppi di quest’anno. Ne raccolgo i nomi… All’interno della chiesa Corpus Christi di Brixton, dalle lunghe e antiche vetrate gotiche, la gente, intanto, attende paziente, cullata dal ritmo del pianoforte. Ogni banco ha una famiglia e il posto segnato per il loro ragazzo. Oggi è il giorno della Prima Comunione.

Il modo di vestirsi è curato, non ostentato. Due settimane fa, le consegne ai genitori come prepararsi… Un unico fotografo ufficiale, per conservare il clima di preghiera. Solo alla fine la libertà per ognuno di fare delle foto e sarà, come al solito, una cascata divertita di flash. “Le bambine potranno vestirsi in bianco o color crema, ma non è questo l’essenziale” informa un foglietto distribuito, “mentre i ragazzi lo saranno in maniera decorosa”. Nello spirito pratico degli inglesi vi si consiglia anche di prendere il tempo di ringraziare la catechista, di fare digiuno almeno un’ora prima, di seguire i canti e di avvertire le persone invitate di una cerimonia piuttosto lunga… All’ultimo punto, una parola solamente: “Enjoy!” Vivi, per davvero, questo momento!

I primi passi sono magici. Viene chiamato il primo ragazzo, che dalla sacrestia avanza quasi fino all’altare. Mamma e papà sono già lì: con l’acqua santa da un grande vaso in cristallo gli tracciano una croce sulla fronte. Dolcemente, come se con le loro mani aprissero un fiore. Lui, si fa, poi, lentamente, un segno di croce sul corpo:”I believe!”(io credo) sussurra. “È il legame con il loro battesimo!” mi soffia Padre Tom. Così, presentano all’assemblea – che guarda incantata – il loro dono di Dio e a Dio il frutto del loro amore. Meditativo, dolcissimo, il commento musicale del pianoforte. Un clima mistico vi invita ad assaporare questi pochi istanti di eternità. E allora, si sente pronunciare il secondo nome… “Life is first, love is second, understanding is third,” si ripete qui in terra inglese e sembra una regola d’oro.

La celebrazione continua corale, intensa, ritmata. Alla comunione, si presenta solo un bambino; dietro di lui un grappolo di sei persone: i genitori e qualche parente tra cui il nonno. Chi prende la comunione, chi semplicemente una benedizione. Poi lentamente se ne vanno e lentamente arriva il secondo bambino, attorniato anche lui dal grappolo dei suoi… La fede nasce e cresce in famiglia, si nutre dell’esempio dei suoi, si rafforza con la preghiera tra le pareti domestiche. Get involved. Sì, anche “la famiglia è impegnata in questo cammino”, mi ricorda qualcuno. Viene proposto loro anche il calice, come ogni domenica in tutte le chiese inglesi, ricordando le parole del Signore: “Prendete e mangiate, prendete e bevete!”

Quest’assemblea di fedeli dai volti, i colori e le culture differenti sembra un vero mosaico. E la coscienza in questi ragazzi di far parte dello stesso corpo di Cristo è un tesoro impagabile. È lo stesso stupore che vi prende quando si entra in una chiesa inglese, dove razze e culture più diverse dal Caraibi all’India si ritrovano gomito a gomito. Credere insieme allo stesso Cristo, che riunisce l’umanità intera, non è forse un miracolo dei nostri tempi? Avere, così, occhi nuovi e vedere la differenza dell’altro e della sua cultura senza alcuna paura, come una vera ricchezza. Si assapora il gusto della comunione, dell’unità.

Anche per noi, per le nostre parrocchie italiane sarà una delle grandi sfide: insegnare a vivere nel mondo d’oggi. Educare all’apertura di mente e di cuore.  Non era questa l’unica preoccupazione del Cristo: incontrare, ascoltare, accogliere l’altro in tutta la sua diversità? Per ricordargli quanto egli fosse prezioso allo sguardo di Dio. Nell’originalità del suo cammino.

Renato Zilio
Autore di “Dio attende alla frontiera” EMI 30.ma edizione