«Vi parlo della mia sposa, una Chiesa del dialogo e dell’incontro». È iniziata con queste parole la riflessione del cardinale Cristóbal López Romero, arcivescovo salesiano di Rabat, capitale del Marocco, in visita ad Ancona, martedì 18 febbraio, nella parrocchia dei Salesiani. «La Chiesa del Marocco – ha spiegato – è insignificante per numeri, ma significativa. I cattolici, tutti stranieri e provenienti da 100 nazionalità differenti, sono 25-30mila su 37 milioni di persone musulmane, pari allo 0,08%. Come ha detto il Papa, non è un problema essere pochi, il problema sarebbe essere insignificanti, essere sale che ha perso il suo sapore, essere luce che non illumina. Questo io lo ripeto sempre. Il problema non è essere pochi, il problema è non essere autentici, non vivere secondo la vocazione alla quale siamo chiamati tutti: battezzati, inviati e missionari».
All’incontro, preceduto dalla celebrazione della santa messa, erano presenti Mons. Angelo Spina, arcivescovo metropolita di Ancona-Osimo, che ha accolto il cardinale, e una delegazione Migrantes regionale e Missio Marche che, lo scorso settembre, ha visitato il Marocco e ha incontrato Cristobal Lopez Romero. «Ottocento anni fa san Francesco incontrò il Sultano – ha ricordato Mons. Angelo Spina – e loro vissero l’incontro e il dialogo. Anche ad Ancona, la presenza musulmana è notevole: su 100mila abitanti 13.800 persone non sono italiane e appartengono a cento etnie diverse. C’è una moschea alla Baraccola e l’anno scorso abbiamo organizzato diverse iniziative, tra cui quella in piazza Roma sul dialogo tra cristianesimo e Islam, con il presidente della Comunità islamica marchigiana Mohamed Nour Dachan. Solo l’incontro e il dialogo fanno fiorire la pace e il documento sulla fratellanza umana, firmato ad Abu Dhabi dal Papa e dal Grande Imam di Al Azhar, ci ricorda che in nome di Dio dobbiamo costruire ponti di pace, fratellanza e amicizia».
«La Chiesa non è autoreferenziale – ha detto Cristobal Lopez Romero – ma deve essere in uscita, verso le periferie. La nostra Chiesa in Marocco è in uscita, verso la periferia dell’Islam. Noi lavoriamo perché cresca il regno di Dio, che significa lavorare per costruire un mondo secondo la volontà di Dio, dove ci sia pace, giustizia, amore, libertà, verità. La Chiesa è al servizio del regno di Dio che si costruisce con gli altri, noi lo costruiamo con i musulmani. Loro ovviamente non utilizzano la parola “regno di Dio”, ma capiscono se parliamo con loro della volontà di Dio e di creare insieme un mondo di fratellanza. Siamo fratelli e sorelle che crediamo nello stesso e unico Dio e vogliamo costruire insieme un mondo migliore, per essere una sola famiglia. Dio vuole che noi ci amiamo come fratelli e sorelle.
La nostra Chiesa è formata da stranieri, non ci sono cristiani marocchini, ed è una Chiesa del dialogo e dell’incontro. Il dialogo interreligioso si vive stando vicino all’altro, stabilendo amicizie. Io dico sempre che bisogna meno parlare dei musulmani e più parlare con loro. Meno parlare dei giovani e più parlare con i giovani, meno parlare di Dio e più parlare con Dio. Vogliamo essere una Chiesa ponte. I musulmani non sono i nostri nemici, sono nostri fratelli. Le religioni non esistono per tollerarsi, devono farsi il bene l’un l’altra».