Domenica 21 novembre nel monastero di Midelt in Marocco mentre la comunità monastica dei trappisti celebrava la Santa Messa nella solennità di Cristo Re si è spento in pace l’ultimo superstite della comunità dei martiri di Tibhirine martirizzati nel 1996. P. Jean Pierre 98 anni ha ricevuto il sacramento degli infermi all’inizio della Messa attorniato dai suoi confratelli e dopo circa 15 minuti mentre in chiesa si proclamava il vangelo. P. Jean Pierre uomo di pace e di dialogo è stato accolto dal Padre celeste nel suo regno. Lascia la testimonianza di una fede solida, di una speranza incarnata nella pazienza del dialogo e di un amore che non conosce barriere. Stimato e amato da tutti e venerato anche dai musulmani riposerà nel cimitero del monastero di Midelt. Chi lo ha conosciuto non potrà mai dimenticare la pace del suo volto, serenità che lo ha accompagnato sino all’ultimo momento e la sua morte è stato un vero addormentarsi in Dio . Dal cielo dove raggiunge i suoi confratelli di Tibhirine veglierà sulla sua comunità che prosegue la missione sua e dei confratelli uccisi in Algeria.
Padre Renato Zilio ricorda con affetto e commozione l’incontro con lui a Midelt:
A Midelt, su un altopiano secco e desertico nel cuore del Marocco. Sembra di entrare in una suggestiva casbah berbera, con le sue torri all’entrata a disegno geometrico e i suoi muri ocra, ma il bel nome scritto in grande la tradisce: Notre Dame de l’Atlas. Ha ripreso lo stesso nome del monastero di Tibhirine. Ora i monaci trappisti vivono qui. Il priore Jean-Pierre viene ad aprirmi, mo- strando sempre un fare gioviale e una bella disponibilità.
Entro nella cappella monastica, sobria, raccolta e con un che di mistico. Accovacciato ai piedi dell’altare trovo l’altro Jean-Pierre, ormai più che ottantenne. Ha gli occhi azzurri dell’Alsazia, l’unico sopravvissuto del famoso monastero in Algeria. Sta sistemando un vaso di rose, con una lentezza e una delicatezza tutte sue. Conto le corolle, sono sette. Come i suoi fratelli martiri. Nel frattempo passa rapido un giovane monaco, Geoffroy, e gli scivola un complimento: «Sono belle le tue rose!». Le coltiva lui stesso nel mezzo del chiostro, come una preghiera. E, quasi per una sua piccola mania, le raccoglie sette alla volta… come un inno alla vita.