Forse l’avrete pensato anche voi. A volte esaltiamo la famiglia, definendola importante cellula della società. Dimenticando, spesso, l’abitante di questa dimensione. Come per una conchiglia è quella realtà che l’ha costruita e la tiene in vita. Altrimenti, da conchiglia si trasforma in un fossile. E questa realtà si chiama «spirito di famiglia».

Nello spazio ristretto dell’ambito familiare, è il suo « genius loci », la sua originalità. É, infatti, il senso, il valore e l’anima stessa della famiglia. Per cui se mancasse, – e a volte disperatamente – appare, allora, la violenza domestica, lo sfruttamento, il femminicidio. Pane quotidiano, tristemente presente nella nostra attualità. Come una buona bevanda si trasforma in veleno. « From heaven to hell » usa dire, in questo caso, il mondo inglese.

In una famiglia, infatti, le differenze fondamentali dell’essere umano vengono alla luce, si incontrano. Sono la sessualità – l’essere uomo o donna – e la diversità di generazione, come essere adulti o bambini, giovani o anziani. Queste due differenze antropologiche fondamentali, in questo spazio circoscritto cercano di comporsi, di aggiustarsi e di armonizzarsi. Ciò diventa, spesso, un miracolo quotidiano. I suoi frutti, infatti, sono l’armonia delle differenze. La convivialità degli opposti.

Lo spirito di famiglia accoglie la differenza dell’altro, con la naturalezza di quando, al mattino, si apre la casa alla luce del sole. A differenza di un clan o di una tribù – realtà ben chiuse in se stesse – la famiglia diventa, allora, lo spazio che saprà accogliere la differenza dell’altro in ogni momento. Il suo spirito è, per eccellenza, inclusivo. Perfino, per un estraneo. Anzi, farà di tutto per inserirvi nel clima familiare. Per farvi sentire a vostro agio, come ogni altro componente.

Ricordo mio padre, quando passava un forestiere per casa. Se all’ora di pranzo, il suo invito abituale era : « Ma non si ferma a mangiare qualcosa con noi ? ». A noi ragazzi questo faceva un’enorme impressione. Era il passaggio subitaneo di un essere umano da estraneo a ospite. Ora, lo chiamerei, il frutto maturo dello spirito di famiglia. L’apprezzamento della diversità contagia perfino chi viene da altrove, da fuori o da lontano. Un antropologo, poi, ci insegnerà come il più grande salto di qualità della civiltà umana sia il passaggio da «hostis» a «hospes». Quando il nemico – quale era considerato un estraneo – si trasforma in ospite.

Ricordo pure quando, vari anni fa, a Ginevra, a un ritiro di tutto il presbyterium con il vescovo si invitò un anziano e accattivante professore protestante, Erich Fuchs, autore di un best-seller «Désir et tendresse». Ci lasciava tutti nello stupore quando affermava, senza mezzi termini – basandosi saldamente sulla Bibbia – che il primo senso del matrimonio o di qualsiasi altra unione è l’amore. Non altre dimensioni, come, ad esempio, avere dei figli. L’armonia familiare è il primo valore, in assoluto. Se non esistesse, tutto il castello crolla. Lo spirito di famiglia accoglie, supporta, integra, si investe, apprezza, sopporta, chiude un occhio e arriva perfino a trovare simpatici i difetti dell’altro. In una istituzione o in altra realtà lo spirito di famiglia inocula prossimità, armonizzazione, libertà, calore umano.

Dal punto di vista religioso, mi stupisce un aspetto che scopro in Africa. L’assemblea cristiana non la si chiama come da noi, con un’espressione divenuta ormai corrente «popolo di Dio». Là, i cristiani sono definiti «famiglia di Dio». Sottolineando, in questo modo, la prossimità. Ma anche la comunione tra persone differenti, dalle qualità e talenti diversi, dove nessuno è escluso. Perché solo nell’ambito della famiglia si riesce a dire paradossalmente: «La tua differenza è la mia ricchezza». Convinzione inaudita. Sconvolge, – al pari di una deflagrazione atomica – qualsiasi certezza o qualsiasi sicurezza identitaria, basata sull’idea opposta, a cui siamo forse educati. «La tua differenza è una minaccia, e quanto vorrei sopprimerla!»

Anche a livello globale, in fondo, lo spirito di famiglia riveste la sua importanza strategica. “Verso un noi sempre più grande” ricorda Papa Francesco. Ci aiuta a vivere il mondo come una casa comune. A percepire l’umanità come la nostra grande famiglia. Il suo spirito, – vero spirito missionario,- non finirà mai di stupirvi per i suoi miracoli. Qualora sia vivo.

R.Z.