“NON ABBIATE PAURA”
GIORNATA DI PREGHIERA E DIGIUNO IN MEMORIA DEI MISSIONARI MARTIRI
24 MARZO 2017
“Non abbiate paura” è l’invito che compare ad ogni teofania ed è la frase che più ripete Gesù Risorto tutte le volte che si mostra ai suoi discepoli. Un invito che aiuta ad affrontare momenti bui, difficili, di persecuzione, sapendo che il Signore è sempre accanto ad ognuno di noi.
È la stessa frase che dice un padre al proprio figlio che sta imparando a nuotare: “Buttati, non avere paura, ci sono io!” o mentre comincia a pedalare su due ruote.
E dovendo immaginare la vita di un martire nei momenti prima del proprio martirio, ci piace credere che questa frase sia quella che si sentono più spesso dire da Gesù che li accompagna fino all’estremo della loro testimonianza.
“Non abbiate paura”
Di affrontare ingiustizie a causa del Vangelo;
Di essere perseguitati perché scegliete di stare dalla parte dei poveri;
Di essere umiliati, oltraggiati, calpestati, perché perseguite con tenacia la via del Signore;
Non abbiate paura perché per voi è già grande la ricompensa, non dovrete aspettare chissà quanto tempo.
Non abbiate paura anche perché essa, molto spesso, diventa proiettiva, capace di mostrarci ciò che non esiste, nemici che non ci sono, difficoltà inesistenti. È così che fa la paura, prima ti paralizza, quindi blocca il tuo cammino e il tuo percorso di vita e di fede, e poi proietta dei film, raccontandoti per esempio di un padre severo ed esigente che non è il Padre di Gesù; facendoti sospettare di essere in terra nemica quando invece non esiste l’ombra di un pericolo. La paura è capace di farti vedere ciò che non c’è, ecco perché Gesù ci esorta a non temere.
La paura spesso ci fa compiere scelte assurde, capaci poi di minacciare le nostre relazioni.
Significativo può essere l’episodio narrato in Genesi al capitolo 20, quando il re Abimelec, pagano, prese con sé Sara, moglie di Abramo ma presentata da costui come sua sorella.
Interessante in tutta questa storia è la buona fede di Abimelec, l’unico che non aveva commesso nulla di male e che a causa del cattivo comportamento di Abramo stava per rischiare la pelle.
“Tu hai commesso a mio riguardo azioni che non si fanno, perché l’hai fatto?”
Interessante è la risposta di Abramo: “Io mi son detto: certo non vi sarà timor di Dio in questo luogo e mi uccideranno…”
Quando domina la paura, l’incontro con l’Altro diventa spaventoso, violento. Gli altri diventano quasi sicuramente dei cattivi di cui diffidare, mentre spesso si rivelano più giusti, più corretti di noi.
Alla stessa maniera, Gesù, invita i suoi ad andare come pecore in mezzo ai lupi ma al contempo di non avere paura per questo. Certo che sapere di essere in mezzo ai lupi mette paura ma le condizioni con le quali Gesù chiede ai suoi discepoli di viaggiare non lasciano l’ultima parola ad essa. Egli chiede ai suoi di non portare con sé nulla e di essere ospitati in casa della gente. Ciò che Gesù vuol dire ai suoi è che non devono temere di trovare solo nemici durante il loro cammino, non devono pre-giudicare l’incontro con l’altro senza osare.
È come se dicesse ad ognuno di noi: “Ti mando come pecora in mezzo ai lupi, però tranquillo che uno buono lo trovi, però tranquillo che anche i lupi possono convertirsi. Non avere paura.”
L’umanità non è così corrotta, c’è ancora margine di speranza per ripartire e fare cose nuove. Papa Francesco ci rammenta quanto sia fondamentale non lasciarci rubare la speranza e oso aggiungere che se non impariamo a sperare non potremo mai evangelizzare!
Il miracolo di un martire, in fondo, è proprio questo: continuare a pensare e a sperare di avere di fronte amici e fratelli e non potenziali carnefici, anche quando questo poi accade. Il martire sceglie di restare perché crede che quell’assassino è un fratello da amare e al quale far conoscere l’Amore infinito del Padre.
“Veramente costui era il Figlio di Dio” professa il centurione dinnanzi al crocifisso e il martire sa che questa cosa può succedere ancora, ecco perché non molla, ecco perché non scappa, ecco perché offre la propria vita ad esempio del suo e nostro maestro Gesù.
Alex Zappalà
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