“La missione al cuore della fede”

A MACERATA LA GIORNATA DIOCESANA DI FORMAZIONE MISSIONARIA

 

MACERATA – E’ in programma il 17 settembre prossimo, presso la Domus San Giuliano di Macerata, la GIORNATA DIOCESANA DI FORMAZIONE MISSIONARIA dal titolo ‘La missione al cuore della fede’.

Di seguito riportiamo il programma della giornata:
9.00: ritrovo e accoglienza alla Domus San Giuliano di Macerata
9.30: lodi
10.00: Introduzione “La missione al cuore della fede” a cura di don Ariel
10.30 -12.00: Tende di progettazione (prima parte)
-“La messe è molta”: La missione e il mese missionario – “Io sono missione”: I giovani speranza della missione

12.15: Messa
13.00: pranzo
14.30: animazione missionaria (video ed esperienze di missione)

15.00 -17.00: Tende di progettazione (seconda parte)
17.00: coffee break
17.30: condivisione in plenaria
18.00: avvisi e appuntamenti missionari
18.30 vespri

Ci auguriamo che possa essere un’occasione importante di condivisione all’inizio di questo nuovo anno pastorale, perché il nostro impegno missionario sia sempre più luogo di comunione e di fede in una Chiesa in uscita.

Per l’equipe Missiogiovani di Macerata
Annamaria Cacciamani

“L’Africa ti scioglie…dentro”

Rientrati in Diocesi di Macerata e Osimo i giovani che hanno vissuto l’esperienza missionaria in Togo

 

MACERATA – Ma chi avrà perseverato sarà salvato“. Con questa frase scritta nel cuore siamo partiti lunedì 7 agosto 2017 alla volta della terra africana. Ignari di quanto ci sarebbe accaduto, pieni di curiosità e di trepidazione, abbiamo preparato valige piene di oggetti familiari e di affetti, salutato amici e genitori e attraversando il cielo, in un giorno e mezzo di viaggio, abbiamo raggiunto Lomè. Perserverare è stata certo la parola chiave di questa esperienza. Senza la fiducia in un Dio che è sempre Padre provvidente, impossibile muovere anche solo un passo in questa terra bruciata dal sole, dalla storia, dalla fatica, dalla vita. Una terra “scura” non solo per la pelle di chi ti viene ogni giorno incontro, ma anche scura di sofferenza e povertà, eppure al tempo stesso talmente intrisa di colori di vita che quello che alla fine senti scorgare improvviso nel cuore è sempre un moto di gioia. In Africa sono tutti felici e sorridenti. Sarebbe davvero il regno dei balocchi, se fosse così. Poveri e felici. Anche questa forse è una percezione alquanto paradossale. Chi è povero, chi non ha di che vivere e mangiare, chi cammina scalzo non per scelta ma per mancanza, chi, piccola anima, al finestrino di una macchina ferma al semaforo ti tende una mano e chiede cibo mentre nell’aria resta solo la polvere di un impacciato silenzio, non credo sia felice. Anzi non lo è, e non è neppure giusto che lo sia. Eppure, anche di fronte alle immagini più strazianti di questa terra, pur sempre madre dei suoi figli, anche di fronte ad una donna che partorisce a terra una nuova piccola vita destinata alla polvere e alla fame, anche di fronte a tutto questo, tu osservatore attonito senti tutta la forza della vita che fuoriesce e grida la propria esistenza. Questa è la voce forte dell’Africa che in questi anni abbiamo incontrato. La voce di un popolo mite, che cammina senza fermarsi, che lotta, che spera. Poveri e felici. Non credo. Ma poveri e pieni di fede, questa è la profonda verità che quando la tocchi sulla pelle non ti lascia in pace e neanche più come prima.

Perseverare…è sillabando timidamente questa parola che ancora una volta siamo tornati a toccare questa terra, la terra dei frati minori della Provincia del Verbo Incarnato, una moltitudine silenziosa ma operante, che senza sosta dona la vita per i più poveri, e per un sogno grande di Dio: ” che la vostra gioia sia piena”. Con il gruppo dei giovani della Diocesi di Macerata e di Osimo abbiamo trascorso tre settimane tra Lome e Dapaong, proprio custoditi e accompagnati da questi angeli dall’abito grigio e dai sandali ai piedi. La prima settimana è trascorsa più leggera, il primo impatto, soprattutto per chi neofita è arrivato in Africa per la prima volta, è stato graduale, con tempi tranquilli, il servizio di due giorni alla pouponniere, la casa dei bambini orfani, e giri per la città incontrando bambini,  con cui semplicemente giocare. Bello anche condividere la festa della comunità delle clarisse di Akepè, monastero incantato, poco distante dal centro della città, dove il 12 agosto abbiamo celebrato i voti perpetui di una suora. La festa in Africa è un’esplosione di gioia, di gente, di danze, di grida, di corpi sinuosi e eleganti che volteggiano verso il cielo.

Si sta bene in Africa, forse il cibo non è sempre digeribile, ma a Lomè il caldo che ti accoglie ti fa ancora stare tranquillo. A Dapaong invece l’Africa comincia a parlare la sua lingua più vera. Il 16 agosto, con il sole ancora nascosto, si caricano bagagli essenziali e, stipati nel pulmino francescano, si prende la via per il nord. Un’unica strada collega Lome a Dapaong, un’unica strada, per lo più sconnessa e infinita. Il viaggio può essere solo vissuto, le parole tradirebbero la verità più profonda degli spostamenti in questa terra. Dopo dodici interminabili ore, si apre di fronte a noi il cancello che nella penombra della sera ci accoglie nella casa del noviziato di Dapaong. Lo scenario del nord ha tutto un altro sapore e altre suggestioni. Siamo nella savana, stagione delle piogge, foresta verdeggiante e dagli orizzonti sterminati, baobab, alberi di tek, strade rosse di un’intensità che incanta. Aspettiamo nel cuore della notte africana. I novizi sono intenti a prepararci le stanze. C’è movimento frenetico nella casa, mentre stanchi attendiamo il futuro attaccati per sicurezza all’esile filo del wifi. Sarà una fugace illusione. Il nord ci attende per raccontarci il volto più vero dell’Africa scura, quella della miseria, della fatica, della fragilità, del coraggio, soprattutto di tante donne madri, madri nonostante tutto. A Dapaong restiamo fino al 24 agosto. Giorni lunghi, intensi, giorni di Africa che si scioglie dentro, ti scioglie dentro. A Dapaong non sei più turista, nè solo osservatorie di una realtà che ti passa accanto. Qui inizia l’esperienza più profonda, quella che ti fa toccare con mano ogni giorno che in questa terra tutto è più vero: “le banane sanno di banana, il verde è davvero verde”, la malattia e la morte sono compagne ogni giorno di vita. E i bambini, arrivano ogni pomeriggio nella scuola di Dapaong, a frotte, ogni giorno più numerosi, vivaci, curiosi, sono la radice di questa terra e sono lì ogni giorno ancora prima di noi, pronti a giocare, cantare, urlare che nonostante il diverso colore della pelle siamo tutti davvero fratelli.  Non ci puoi fare niente, in questa terra puoi solo prendere per mano la tua vita e quella di chi ti è accanto, perchè solo restando insieme quello che accade ha senso, e il senso più vero è tutto nella condivisione. I giorni trascorsi a Dapaong ci hanno fatto incontrare storie straordinarie, di donne e di uomini che si spendono ogni istante per donare e restituire speranza di vita, proprio lì dove il tuo sguardo fragile si perde e si chiude nella tristezza: mamma Rita con i bambini malati di aids, la suora polacca dell’ospedale per bambini e madri di Najundi, Simeon e Raul custodi instancabili del college di Dapaong. Sono volti, gesti e sguardi che non dimenticheremo mai. Perchè sono il volto straordinario di quel Dio che qui senti davvero come Padre e a cui chiedi, implori, gridi aiuto, soprattutto se in una notte scura d’ospedale sei sola, accanto ad una vita febbricitante e bagnata di sudore che puoi solo affidare a chi di quella vita è il vero autore.

L’Africa ti scioglie dentro e ti regala la verità più straordinaria che si possa intuire: la vita è proprio benedetta, la vita povera, fragile, piccola, la vita comunque sia, è perfetta, ed è un dono immenso da custodire sempre. Abbiamo lasciato il Togo, nella Notte della creazione, la festa che ogni anno i frati minori vivono nella parrocchia di Anoukope, salutando tutti con una canzone che sa di futuro: “Domani, domani lo so che si passa il confine e davvero la vita sembra fatta per te!”.

Che questo domani abbia già il sapore di oggi, un oggi benedetto, un oggi in cui fare memoria delle meraviglie viste, un oggi in cui sentirsi grati, un oggi in cui scegliere con coraggio, semplicemente la vita. Un oggi sempre di Dio.

Annamaria Cacciamani

Tutto in Africa è grande e forte

MACERATA – L’Africa è per me un “paradosso gioioso” che rimette i miei piedi occidentali comodi nella terra concreta e dura. Un paradosso tra forza e fragilità, tra voglia di vivere e disprezzo della vita, tra paesaggi mozzafiato e discariche puzzolenti fumanti, tra liturgie gioiose ma interminabili.

Tutto in Africa è grande e forte, a partire dalle formiche che sono 4 volte più grandi delle nostre,  fino alle donne che portano quei pesi enormi sopra le teste e per di più un bambino appena nato legato dietro la schiena!

Appena atterri con l’aereo in questo continente, subito senti che le forze ti scappano via e senti che il clima ti appesantisce. Subito fai esperienza della tua fragilità! Tu occidentale e benestante che arrivavi con l’idea di voler salvare la povertà africana fai l’esperienza di essere piccolo, debole e fragile! Sai che devi star attento a ciò che mangi e bevi per non star male di stomaco, a ciò che ti pizzica per non prendere la malaria, a riposarti per non svenire, a dove metti i piedi per non pestare chissà quale animale velenoso.

Quando vai per strada con la macchina ti viene da chiudere gli occhi per la paura, vedi cose improponibili per i nostri occhi occidentali, come moto caricate come macchine, oppure muli caricati come elefanti, oppure macchine come camion; ricordo nel lungo viaggio da Lomè a Dapaong quella corriera talmente carica, con tanti bagagli sopra il tettino, che ad ogni buca si doveva quasi fermare per non capovolgersi! Tutto questo è paradossale perché ti fa pensare che in questo ci sia un grande sprezzo per la vita dato il grande rischio!

Inizi a giudicare, inizi a dire che non è possibile vivere in un tale caos, in città con fognature a cielo aperto puzzolenti, dove ad ogni angolo vedi qualcuno che fa la pipi da incivile. Inizi a dire che è un popolo incapace di organizzarsi e valorizzare le bellezze naturali che hanno, per fare una città più vivibile! Inizi a pensare come quei tanti imprenditori occidentali, che sono andati giù a salvare l’Africa portando i cellulari dove non c’è la corrente, oppure grattacieli tra le baracche, oppure le macchine e i camion fumanti di 50 anni fa, che da noi non possono più circolare nelle nostre città ecologiche!

Ma per fortuna questa è la prima tentazione che viene, che ci rimani solo se, non ti apri al fratello e vivi l’Africa da europeo in vacanza! Noi abbiamo avuto la fortuna di fare molte esperienze a contatto con la gente del posto, a partire dai frati francescani che ci hanno insegnato cosa significhi l’accoglienza del fratello, che è il primo valore per l’uomo africano! Cosa che noi europei a volte ci siamo dimenticati!

Alzandoci alla mattina alle 6 per la messa con i frati, cosa per noi improponibile in Italia, vedi la Chiesa piena tutti i giorni anche di giovani e che la giornata del cristiano parte con “l’andate in pace” del frate, che si concretizza con la giornata di duro lavoro per guadagnarsi da vivere!

Nelle tre settimane in cui siamo rimasti, diverse esperienze di servizio ci hanno aiutato ad aprire gli occhi: come i sorrisi e i pianti dei bimbi all’orfanotrofio; o nella fatica condivisa per quattro ore nei campi con le famiglie a lavorare; o nei volti delle donne del centro dove fanno nascere i bambini 6 tribù; o con gli abbracci e strette di mano dei bambini ammalati di Aids; o nella gioia del “grest” che abbiamo organizzato per i bambini di Dapaong nei pomeriggi dopo il loro lavoro mattutino nei campi; o dai canti e balli festosi dei carcerati della prigione di Dapaong quando siamo andati a trovarli.

Stando a contatto con i fratelli, provando a condividere la vita, tutti i pregiudizi cadono e pensi che il popolo africano è un popolo coraggioso, accogliente, forte come il paesaggio che lo ha plasmato! L’unico paradosso che rimane è la nostra fede! Ti rendi conto che cresce e si fortifica quando sei fragile e non ti rimane altro che affidarti a Dio! L’esperienza arricchente è stata il fare amicizia e condividere la gioia con una Chiesa giovane e piena di vitalità nata un centinaio di anni fa e la nostra Chiesa millenaria che oramai sente le fatiche del nostro troppo pensare. Concludo con la frase più volte ripetuta da Papa Francesco ai giovani, perché penso che riassuma anche la “cancrena” che ha la nostra Chiesa europea troppo statica nelle “tradizioni” del si è sempre fatto così:

 “Rischia! Rischia. Chi non rischia non cammina. “Ma se sbaglio?”  Benedetto il Signore! Sbaglierai di più se rimani fermo”.

Antonio

SPECIALE – Missio Marche in Albania

 Viaggio missionario in Albania dal 26 al 30 giugno 2017

PRIMO GIORNO 26 giugno
Arrivo in Albania di una delegazione della Commissione Missionaria Regionale delle Marche guidati dal vescovo Mons. Giovanni D’Ercole.
Come programmato durante gli incontri della Commissione Missionaria Regionale, si è partiti alla volta dell’Albania per far visita ad una missione aperta anni fa dalla Diocesi Macerata grazie alla risposta di S.E. Mons. Conti derivante da una richiesta avanzata dal Vescovo di Tirana avente come fine la nascita di un rapporto di Cooperazione Missionaria tra la Chiesa di Macerata e la Chiesa di Tirana. Grazie alla disponibilità di don Patrizio che sulla scia di don Antonio Sciarra, già operante nella zona centrale dell’Albania e precisamente a Blinist, si è potuto rendere concreto questo progetto; dopo alcuni anni, seguendo alcune famiglie che si trasferivano a Tirana, l’azione Missionaria ha trovato il suo apice in questa città e precisamente nella località di Bathore.

Col passare degli anni si è resa necessaria la costruzione di una chiesa nuova e grande per le necessità delle persone dedicandola a Giovanni Paolo II che risulta essere la prima chiesa intitolata a questo grande pontefice ed inaugurata il 04 maggio 2014. Sono trascorsi oramai alcuni anni da quanto tutto questo è accaduto ed oggi forte è l’emozione di un ritorno a casa incontrando persone e storie nuove.
Nel pomeriggio la visita alla Curia diocesana con l’incontro con l’arcivescovo  S.E. mons. George Frendo ha suggellato uno scambio di esperienza carica di una speranza e di una fraternità fondata sulla fede in Cristo. La situazione sociale e religiosa dell’Albania, dopo la caduta del regime comunista ha suscitato una nuova speranza del popolo Albanese facendo in modo che ci siano conversioni autentiche. Inoltro, come sottolineato dall’arcivescovo di Tirana, la visita del Papa ha favorito e incoraggiato coloro che abbracciano la fede cristiana suscitando autentiche conversioni. Il Vescovo Giovanni, a nome è per conto della Commissione, ha rivolto alcune domande al Vescovo George di Tirana:
Di che cosa ha urgente bisogna la chiesa Albanese?
Sacerdoti e contributi è stata la risposta immediata. Per fare un esempio ci sono 6 grandi comunità composta da villaggi dove vengono celebrate molte messe. La vita sacramentaria è molto impegnativa. Celebrare in baracche con il grande caldo di questi giorni, mettono molto alla prova. Anche la composizione del presbiterio è molto particolare: sacerdoti purtroppo non molto giovani. La situazione strutturale delle chiese, desta molte preoccupazioni, sono abbandonate come edifici e nel corso degli anni passati non c’è stata una manutenzione e questo rende gli edifici fatiscenti. Tutti chiedono di aggiustare, ma i soldi non ci sono.
Quali sono le difficoltà pastorali e quali sono le caratteristiche che deve avere un missionario che viene inviato in Albania?
Grande sfida l’evangelizzazione. Dopo il regime comunista, quello che ha mantenuto l’integrità della fede, sono state solo le tradizioni. Pasqua, natale, le feste dei santi soprattutto la festa di Sant’Antonio di Padova.
La povertà è una sfida che questa terra ci chiama ad affrontare in ogni momento; molti albanesi si sono arricchiti per mezzo della corruzione, della droga,  della compravendita delle armi, del traffico umano. Molti poveri sono diventati più poveri. La corruzione è molto diffusa in particolare tra la magistratura, tra i medici, tra i poliziotti. Molte persone sono senza cuore. Anche gli insegnanti nel loro rapporto con gli alunni insegnano la corruzione. Per un missionario che viene mandato in Albania, è importante imparare la lingua, conoscere la storia del popolo Albanese perché aiuta a capire la mentalità. L’ospitalità e il senso della famiglia sono importanti per il popolo Albanese. L’incontro con la cultura occidentale sta purtroppo rovinando questi pregi e si sta diffondendo l’aborto e il divorzio che prima erano sconosciuti.

Molti albanesi sono partiti e venuti in Italia negli anni passati, ora quale è il loro rapporto con coloro che non sono mai partiti?
C’è una buona relazione in quanto rientrando portano i soldi con il benessere maturato. La solidarietà nella famiglia è molto forte. Non ci sono difficoltà, anzi sono una risorsa. I giovani continuano ancora oggi a fuggire dall’Albania. Non trovano futuro e perdono la speranza è quindi vedono nella dare fuori una chance. Dopo l’incontro si è celebrata l’eucarestia nella Cattedrale di Tirana e tutti hanno pregato affinché questa visita fruttifichi secondo il volere di Dio.
Come sottolineato dal Vescovo Giovanni, la lingua non ci separa dalla stessa fede Cristiana Cattolica, anzi rafforza e da speranza a coloro che credono.

SECONDO GIORNO 27 giugno

Primo appuntamento di questa giornata è stata la celebrazione eucaristica insieme alla comunità locale alle ore 8 nella chiesa parrocchiale dedicata a San Giovanni Paolo II.

Partenza direzione Scutari passando per Lezhe e Blinisht. Sosta al Santuario dei martiri di dove don Antonio Sciarra, storico missionario negli anni 90 originario della diocesi di Avezzano ha eretto un santuario in ricordo dei martiri albanesi grazie all’aiuto concreto di collaboratori provenienti da Avezzano.

Questo è un centro che oggi fa da riferimento a sei villaggi, ci dice don Enzo Zago fidei donum della diocesi di Milano e che ha sostituito don Antonio Sciarra in questo compito pastorale. In questi sei villaggi, ci sono diverse attività fra cui un Oratorio attento alla situazione giovanile, dei centri specializzati nell’agricoltura, una casa della suore che si adoperano nel sociale. Il tutto si tieni in piedi oggi attraverso progetti finanziati molte volte dal 8×1000 e da altri contributi e offerte provenienti da privati sparsi in ogni parte del mondo.

In questo santuario viene ripercorso la storia di alcuni martiri albanesi uccisi durante il regime comunista che si è insidiato dopo il secondo conflitto mondiale fino agli anni 80.

Sempre don Enzo ci ha ricordato che nel periodo della dittatura su 230 sacerdoti se ne sono salvati solamente una trentina.

La forte fede popolare rimasta nonostante la persecuzione ha fatto in modo che negli anni 90 si ripartisse con un nuovo slancio di speranza.

La visita alle reliquie di alcuni martiri, i beati don Luigi Prendushi e don Antonio Suma e al complesso del santuario ha concluso la nostra visita in questo luogo carico di fede e testimonianza.

Dopo alcuni km fatti in una strada sterrata è piena di buche ed insidie, siamo giunti in una piccola ma bellissima comunità di suore che si occupano di riabilitazione e assistenza alle persone malate: le Suore Piccole Operaie dei Sacri Cuori di Piraj dov’è molte opere sono state realizzate grazie a dei contributi donati dalla Conferenza Episcopale Italiana attraverso l’8×1000. La sosta per il pranzo presso un ristorante in riva al lago ha concluso questa mattinata ricca di emozioni e di testimonianze.

Nel pomeriggio, si riparte alla volta di Scutari e lungo il percorso facciamo una visita ad un laboratorio artigianale di ceramica di Krajen legato alla missione di Blinisht gestito da giovani del luogo dove davanti ai nostri occhi ci fanno vedere la realizzazione di un calice in terracotta. Rimettendoci in viaggio, facciamo visita al monastero di clausura delle Carmelitane scalze a Neshet. Le vocazioni sono in aumento, ci riferisce la priora del Carmelo suor Maria Ancilla dell’Amore Crocifisso, e molte vocazioni provengono dal Cammino Neocatecumenale.

Il vescovo ha chiesto alla comunità religiosa di pregare per tutte le vocazioni indicando che è importante e fondamentale avere una presenza di religiose di clausura per la vita di una diocesi. Ha aggiunto la priora, suor Maria Ancilla dell’Amore Crocifisso, che anche stando in clausura si può vivere la dimensione Missionaria attraverso la preghiera costante che viene fatta ogni giorno. Accanto al Carmelo abbiamo visitato la casa di spiritualità costruita dalla comunità dei Carmelitani scalzi che svolgono un’attività di accoglienza spirituale per sacerdoti, laici, soprattutto gruppi giovanili.

Dopo aver salutato, ci rimettiamo in viaggio percependo che l’accoglienza e la gioia ricevuta in dono dalle monache carmelitane durante la nostra breve visita, già ci mancano.

Arrivando a Scutari, in un pulmino arroventato dall’impressionante caldo di questi giorni, non possiamo fare a meno di ripensare nuovamente alla Comunità delle Carmelitane, al loro sorriso disarmante e alla loro voglia di comunicarci una vita vissuta in pienezza pur stando in clausura e, sono più che sicuro, suscitando in ognuno di noi, riflessioni sul senso della vita e di come viviamo la nostra fede.

Siamo stati ospitati dal seminario maggiore di Scutari dove siamo stati accolti dal Rettore don Leonardo Falco con grande cordialità. Abbiamo fatto cena insieme alla comunità dei seminaristi, (11) condividendo anche alcune considerazioni ed impressioni sulla vita della chiesa in Albania.

 

TERZO GIORNO 28 giugno

Dopo la messa celebrata in seminario, ci siamo incamminati in una Scutari calda e vivace per incontrare S.E.Mons. Massafra, Arcivescovo della diocesi.

Dopo aver pregato insieme, il vescovo Massafra ci ha accolti nel suo studio dove in un clima di fraternità, è iniziato un dialogo fraterno.

Un dono inaspettato del Vescovo diocesano al Vescovo D’Ercoli, ha reso veramente speciale questo incontro:  il dono di una reliquia dei martiri Albanesi.

Il Vescovo ha spiegato la motivazione di questa visita ufficiale ed è iniziato uno scambio di esperienze all’insegna della fraternità e della cordialità mettendo in risalto la storia Albanese avvenuta prima, durante e dopo il regime comunista.

Attualmente la situazione politica è molto tesa e ne risente molto la popolazione. La chiesa, nonostante tutto, ha affermato mons.Massafra, continua ad evangelizzare e a portare la speranza alle genti. Oltre la reliquia, il vescovo Massafra ha donato dei libri frutto di uno studio fatto sui martiri albanesi mettendo la propria dedica.

Ci ha accompagnato ad una visita al museo diocesano che conserva la memoria dei martiri albanesi. Molto suggestiva è stata la visita al luogo di prigionia dei martiri, il carcere, “Burgu” nella lingua Albanese, dove si è constatato di persona la crudeltà e la ferocia del regime comunista.

La visita al cimitero dove sotto un grande Leccio, una lapide ricorda la fossa comune, con una preghiera comunitaria, ha concluso questa breve, ma intensa visita ai luoghi del martirio.

Trasferimento e visita presso la casa di don Orione a Bardhaj, 15 km da Scutari, dove si è vista e percepita una presenza Missionaria viva e gioiosa. Gli oratori estivi con centinaia di ragazzi, fanno molto riflettere a riguardo delle difficoltà che incontriamo nelle nostre terre. Catechismo, giochi e relazioni tra i ragazzi, sono le attività principali durante l’oratorio. La testimonianza Missionaria di don Rolando Reda (Orionino), da circa 20 anni in Albania, ha spiegato la natura Missionaria dell’opera di don Orione in questo angolo di terra dell’Albania. Siamo stati tutti accolti dai ragazzi ed educatori dell’oratorio ed abbiamo cantato, ballato e pregato tutt’insieme. Due educatori, Paolo Bota e Renalda Çezma in un video-intervista, ci hanno presentato il campo estivo, cioè l’oratorio. Non si tratta di un ricreatorio, ma di un oratorio ha precisato mons.D’Ercole, e la differenza consiste che nel ricreatorio si gioca mentre nell’oratorio si insegna, attraverso tutte le attività, a dare senso alla propria vita.

Una mia personale considerazione: al termine dell’oratorio e prima di far rientro ognuno nelle proprie case e famiglie, ho visto che tutti i ragazzi andavano in chiesa e mi sono messo ad osservarli e a seguirli….. Andavano a salutare Gesù senza che nessuno glielo avesse ordinato o suggerito. Che altro dire?! Fa molto riflettere e incoraggia tutti a fare meglio e a continuare a dare speranza ai ragazzi che, nella loro innocenza, sono in attesa di una proposta in grado di cambiare la loro vita.

Proseguendo il nostro itinerario sulle orme dei martiri albanesi, abbiamo fatto visita nella chiesa delle suore stigmatine a Scutari dove ci sono i resti mortali della beata Maria Tuci martirizzata il 24 ottobre 1950 a soli 22 anni.Proseguendo nel ritorno verso Tirana, ci siamo fermati nella casa delle Maestre Pie Venerini, che si occupano di accogliere persone che vivono situazioni di difficoltà che hanno subito violenze, orfani e malattie psichiche. La testimonianza di suor Arta Suli, ci riferisce che la comunità si occupa delle ragazze della zona tramite i servizi sociali locali. Rita una bambina di 12 anni si presenta a noi parlando un italiano perfetto imparato per mezzo delle suore. Ci racconta che è da quasi un anno che è stata accolta, gli piace poco studiare e che è molto contenta stare con suore. Vorrebbe dire molto altro, ma bisogna essere anche attenti alle situazioni di sofferenza di questi ragazzi. La difficoltà più grandi che le suore riscontrano e il fatto che la maggior parte del clero Albanese non sempre accettano il loro operato in virtù di una mentalità maschilista persistente.

Una visita al Seminario Redentoris Mater di Lezha si è resa quanto mai opportuna dato che una famiglia di Ascoli Piceno è itinerante in Albania con 9 figli al seguito; ci hanno invitato a visitarlo e a celebrare poi l’Eucarestia a Tirana nella loro comunità. Il cammino neocatecumenale presente in Albania, sta suscitando vocazioni alla vita consacrata e, attualmente ci sono seminaristi di questa terra d’Albania come ha affermato il rettore don Lorenzo Rossetti.

Eucarestia celebrata in un locale messo a disposizione nel complesso della Cattedrale e dell’episcopio dall’Arcivescovo di Tirana mons.George Frendo insieme alla 1 e 2 Comunità di Tirana piena di giovani famiglie con i loro fantastici figli. Una comunità viva che si affida realmente alla Parola di Dio.

Dopo la mensa eucaristica, un agape fraterno ha concluso questa giornata all’insegna della fede, speranza e carità.

QUARTO GIORNO 29 giugno

Oramai siamo giunti quasi al termine di questa esperienza.

Anche questa mattina, dopo aver celebrato la messa nella parrocchia di San Giovanni Paolo II a Kamez, periferia di Tirana, campo base dei nostri giorni in Albania ci siamo messi in viaggio sempre in quel pulmino mancante di aria condizionata e finestrini posteriori bloccati che in questo tempo di calura, ci fa non poco soffrire.

Dopo un viaggio di qualche ora, siamo arrivati ad Elbasan in un’altra casa di don Orione dove abbiamo incontrato don Giuseppe De Guglielmo presente in Albania dal 1992 e don Emilio Valente qui presente dal 2003.

don Giuseppe ci racconta la sua esperienza in terra Albanese poiché ha vissuto in prima persona i cambiamenti politici e sociali che ha vissuto il popolo albanese.

Erano presenti sacerdoti del Kosovo, quando siamo arrivati, ma la svolta è stato nel 1993 con la venuta del Papa Giovanni Paolo II. Il primo vescovo nominato per il sud dell’Albania, fu S.E. Mons. Hil Kabashi che ha preso possesso nel 1997. Dapprima era gestito dall’Amministratore Apostolico, il Nunzio Apostolico mons. Ivan Diaz di cui don Giuseppe era Vicario Generale.

Il luogo dove ha sede la casa orionina ad Elbasan, in quegli anni era aperta campagna ed era tutto intorno campagna e steppa. Ora gli edifici che sovrastano la chiesa sono palazzi e attività commerciali.

Dal punto di vista di evangelizzazione, ci sono tante piccole comunità che sono in via di crescita.

Si registra una evoluzione ecclesiastica dal dopo regime ad oggi. Le cose sono molto cambiate in quanto, nel sud dell’Albania, c’è un clima sociale molto aperto. Ci sono attività comuni da un punto di vista intereligioso con incontri tra le varie religioni (cristiani, mussulmani), ed anche un dialogo ecumenico tra cattolici, protestanti ed ortodossi. Dopo aver pranzato insieme alla comunità orionina, abbiamo fatto visita alla comunità delle suore domenicane della beata Emelda che si trova in una struttura attigua.

Suor Cecilia Rebosco, originaria di Vicenza e superiora della comunità da circa 20 anni in Albania, ci riferisce che la comunità è composta da quattro suore e si occupano di collaborare con la parrocchia di San Pio X e di gestire una scuola (materna-elementare-media) con circa 450 ragazzi con il metodo Montessori a cui abbiamo fatto visita.

Una sosta all’Episcopio di Tirana, ci ha fatto incontrare suor Maria Lucia Fattori delle piccole sorelle di Gesù di Charles De Foucauld proveniente da Macerata e da 10 anni in Albania con una precedente esperienza di 11 anni in Kosovo e di altri anni in comunità di origini albanesi in Italia. La sua esperienza sottolinea come è importante la presenza di comunità contemplative tra i poveri.

Domanda: Come commissione Missionaria Regionale, che tipo di messaggio per le nostre comunità?

Oggi c’è bisogno di una testimonianza umile e di condivisione. Le aspettative delle persone sono alte ma la cosa necessaria, come dice Charles Foucauld, è la gratuità, difficile oggi da capire ma necessaria. La presenza della nostra comunità, è vitale per completare il messaggio evangelico. Precisa suor Maria Lucia, che vivere nella fraternità mettendo al centro la semplicità della Famiglia di Nazareth è cioè che conta mossi dall’Amore di Cristo da riversare a tutti i bisognosi, di ogni nazione e razza.

L’incontro con il Nunzio Apostolico in Albania, S.E.mons. Charlie Brown ha concluso ufficialmente questa nostra visita ufficiale come Commissione Missionaria Regionale.

Un futuro molto bello per la chiesa Albanese ha affermato il Nunzio, una chiesa che è uscita fuori dalle persecuzioni del regime comunista e che è proiettata verso rinascita nelle vocazioni e nella vita di fede.

Approfittando del clima di cordialità e di accoglienza, don Nicola Spinozzi ha rivolto al Nunzio alcune domande chiedendo in particolare su cosa la Chiesa Albanese avesse bisogno secondo la prospettiva della sua veduta.

Il Nunzio ha detto che alla Chiesa albanese occorre un processo di albanizazzione cioè far crescere la chiesa Albanese con gli albanesi e a questo contribuisce anche ila nomina dei tre nuovi vescovi provenienti dal clero Albanese ed alcuni di loro sono anche molto giovani, sono quarantenni. Occorre anche un impegno più forte nel settore dell’educazione. Le scuole cattoliche sono necessarie, in particolare i licei e le scuole superiori. Attraverso l’educazione possiamo avere uno sguardo positivo sul futuro Albanese.

Più sacerdoti e più religiosi aiuterebbe a realizzare questa visione, ha sottolineato il Nunzio che ci ha salutato con quanto gli ha detto è raccomandato Papa Francesco nel momento in cui lo ha convocato e gli ha conferito il suo nuovo servizio: “fai ciò che hai fatto in Irlanda, vai fuori dalla nunziatura e vai a visitare le parrocchie, le persone, vai nelle periferie e testimonia la Misericordia di Dio.

Alla conclusione di questa visita ufficiale, il Vescovo D’Ercole ha sottolineato che l’esperienza è stata molto positiva e sarà utile per preparare le prossime missioni che avremo modo di organizzare. In particolare è necessario che ci sia sempre una persona esperta dei luoghi per guidarci (un ex missionario o una persona sul posto). È utile inoltre prevedere nei dettagli il programma nei tempi e negli impegni. Infine è bene prevedere un segno frutto e ricordo della visita.

QUINTO GIORNO 30 giugno

Ripartenza della Commissione Missionaria Regionale delle Marche guidati dal vescovo Mons. Giovanni D’Ercole verso l’Italia.

 

a cura di don Nicola Spinozzi

 

Sei giovani in Africa con il Centro Missionario di Fano

Con il Centro Missionario di Fano sei giovani in partenza per Burundi e Mozambico

FANO – Non saranno solo i 50 ragazzi che tra il 23 e il 29 Luglio saranno coinvolti nel Campo Missionario 2017 a partecipare alle attività estive del Centro Missionario Diocesano di Fano Fossombrone Cagli Pergola. Qualcuno ha espresso il desiderio di un’esperienza più lunga per immergersi e respirare aria di missione direttamente nelle terre lontane dove il Centro Missionario opera. Saranno sei i ragazzi a partire. Tra loro c’è chi ha appena finito la maturità, chi da anni sognava questo viaggio, chi lavora già per i più poveri, chi ha “sentito dire” di questa possibilità e ci si è buttato e chi fin da ragazzo ha dato il suo contributo all’interno del Centro Missionario. Quattro di loro (Nicoletta, Ilaria, Benedetta ed Ettore) partiranno per trascorrere un mese in Burundi, dove ad attenderli troveranno la comunità dei Padri del Buon Pastore e della Regina del Cenacolo. Si tratta di una comunità locale, nata per aiutare i più poveri tra i poveri: i pigmei che in quelle terre sono emarginati e tenuti al limite della società. Durante la loro permanenza potranno toccare con mano i tanti progetti che da anni vengono portati avanti nella zona di Gitega, città al centro della piccola nazione africana.

Luca e Irene invece saranno diretti in Mozambico, dove ad accoglierli ci sarà Padre Sandro, missionario italiano che vive a Tete. Saranno accompagnati a conoscere la realtà locale e i progetti che stanno nascendo, grazie anche al contributo di altri ragazzi e ragazze che negli anni scorsi hanno fatto esperienza di missione in quelle terre. Luca è da anni segretario del Centro Missionario e già cinque anni fa aveva vissuto un mese presso la missione diocesana di Kipsing in Kenya, mentre Irene è un ingegnere ambientale e insegnante di tessuti aerei. “Abbiamo deciso di vivere questa esperienza di coppia per toccare con mano un altro tipo di vita, più vera e per certi versi anche più dura” ci dicono. Sicuramente aspetta a tutti un esperienza nuova, che potrà allargare loro lo sguardo su una realtà lontana ma con un’umanità vicina, anzi unita a noi. Tutto questo, nel nostro piccolo, grazie a questo “ponte” che il Centro Missionario Diocesano offre da anni.

Filippo Bargnesi, CMD di Fano

 

A Macerata un’estate missionaria!

Questa è missione, missione giovane!

MACERATA –  Sacro Cuore, venerdì 14 luglio 2017. Una Chiesa gremita e più colorata del solito quella che ha celebrato il mandato missionario per una trentina di giovani della Diocesi di Macerata e di quella di Fermo. Questo appuntamento si ripete ormai da diversi anni ed è per il Centro missionario diocesano, che lo organizza, l’espressione più viva di una Chiesa che si mette in cammino con giovani. Ragazzi di realtà missionarie e associative varie che decidono ogni anno di vivere una parte del tempo estivo a servizio di periferie vicine e lontane. Periferie dove si toccano e condividono povertà e diversità, ma anche la ricchezza di un tempo speso bene.

La celebrazione eucaristica presieduta da Monsignor Fratini, nunzio apostolico della Spagna, si è svolta con la partecipazione di un significativo gruppo di giovani: 7 i ragazzi che percorreranno i sentieri di Santiago, 16 i giovani che in Agosto insieme al gruppo Eumega raggiungeranno il Togo, 6 gli educatori di Azione Cattolica che accompagneranno una settantina di ragazzi nell’esperienza a Montorso, incontrando varie realtà tra cui l’Hotel House, e una la giovane dell’associazione Bondeko che vivrà dieci giorni nel campo profughi di Siracusa. Esperienze diverse per mete e stile di servizio, ma accomunate da un unico sentire, quello che rende tutti parte della stessa Chiesa che scommette proprio sui giovani per rivelare il suo volto missionario. Si parte non per una semplice passione, nè per un’intuizione del momento ma perchè di fronte ad una chiamata ognuno dei presenti ha detto, anche se con velato timore, il suo piccolo grande sì. E’ questo sì che rende l’esperienza del partire un sentiero di vocazione.

L’applauso che si è alzato a conclusione del mandato e della consegna dei segni di invio, un rosario e la preghiera missionaria, è espressione chiara dell’emozione vissuta da tutta la comunità. Una comunità fatta non solo degli assidui parrocchiani, ma anche di amici e parenti dei giovani in partenza, uniti nell’affidare a Dio e alla Chiesa il cammino dei loro cari. “Mandati perchè amati”. Con questa certezza si è conclusa la celebrazione e con l’invito a custodirsi reciprocamente nella preghiera. Chi è mandato non parte per sè, ma perchè ha sentito che l’amore ricevuto non può restare nel recinto del cuore, ma deve trovare il coraggio di passi, anche rischiosi, che si fanno incontro. Questa è missione, missione giovane.

Annamaria Cacciamani

  

La missione al cuore della fede cristiana

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2017

La missione al cuore della fede cristiana

Cari fratelli e sorelle,
anche quest’anno la Giornata Missionaria Mondiale ci convoca attorno alla persona di Gesù, «il primo e il più grande evangelizzatore» (Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 7), che continuamente ci invia ad annunciare il Vangelo dell’amore di Dio Padre nella forza dello Spirito Santo. Questa Giornata ci invita a riflettere nuovamente sulla missione al cuore della fede cristiana. Infatti, la Chiesa è missionaria per natura; se non lo fosse, non sarebbe più la Chiesa di Cristo, ma un’associazione tra molte altre, che ben presto finirebbe con l’esaurire il proprio scopo e scomparire. Perciò, siamo invitati a porci alcune domande che toccano la nostra stessa identità cristiana e le nostre responsabilità di credenti, in un mondo confuso da tante illusioni, ferito da grandi frustrazioni e lacerato da numerose guerre fratricide che ingiustamente colpiscono specialmente gli innocenti. Qual è il fondamento della missione? Qual è il cuore della missione? Quali sono gli atteggiamenti vitali della missione?

La missione e il potere trasformante del Vangelo di Cristo, Via, Verità e Vita

1. La missione della Chiesa, destinata a tutti gli uomini di buona volontà, è fondata sul potere trasformante del Vangelo. Il Vangelo è una Buona Notizia che porta in sé una gioia contagiosa perché contiene e offre una vita nuova: quella di Cristo risorto, il quale, comunicando il suo Spirito vivificante, diventa Via, Verità e Vita per noi (cfr Gv 14,6). È Via che ci invita a seguirlo con fiducia e coraggio. Nel seguire Gesù come nostra Via, ne sperimentiamo la Verità e riceviamo la sua Vita, che è piena comunione con Dio Padre nella forza dello Spirito Santo, ci rende liberi da ogni forma di egoismo ed è fonte di creatività nell’amore.

2. Dio Padre vuole tale trasformazione esistenziale dei suoi figli e figlie; trasformazione che si esprime come culto in spirito e verità (cfr Gv 4,23-24), in una vita animata dallo Spirito Santo nell’imitazione del Figlio Gesù a gloria di Dio Padre. «La gloria di Dio è l’uomo vivente» (Ireneo, Adversus haereses IV, 20, 7). In questo modo, l’annuncio del Vangelo diventa parola viva ed efficace che attua ciò che proclama (cfr Is 55,10-11), cioè Gesù Cristo, il quale continuamente si fa carne in ogni situazione umana (cfr Gv 1,14).

La missione e il kairos di Cristo

3. La missione della Chiesa non è, quindi, la diffusione di una ideologia religiosa e nemmeno la proposta di un’etica sublime. Molti movimenti nel mondo sanno produrre ideali elevati o espressioni etiche notevoli. Mediante la missione della Chiesa, è Gesù Cristo che continua ad evangelizzare e agire, e perciò essa rappresenta il kairos, il tempo propizio della salvezza nella storia. Mediante la proclamazione del Vangelo, Gesù diventa sempre nuovamente nostro contemporaneo, affinché chi lo accoglie con fede e amore sperimenti la forza trasformatrice del suo Spirito di Risorto che feconda l’umano e il creato come fa la pioggia con la terra. «La sua risurrezione non è una cosa del passato; contiene una forza di vita che ha penetrato il mondo. Dove sembra che tutto sia morto, da ogni parte tornano ad apparire i germogli della risurrezione. È una forza senza uguali» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 276).

4. Ricordiamo sempre che «all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (Benedetto XVI, Lett. enc. Deus caritas est, 1). Il Vangelo è una Persona, la quale continuamente si offre e continuamente invita chi la accoglie con fede umile e operosa a condividere la sua vita attraverso una partecipazione effettiva al suo mistero pasquale di morte e risurrezione. Il Vangelo diventa così, mediante il Battesimo, fonte di vita nuova, libera dal dominio del peccato, illuminata e trasformata dallo Spirito Santo; mediante la Cresima, diventa unzione fortificante che, grazie allo stesso Spirito, indica cammini e strategie nuove di testimonianza e prossimità; e mediante l’Eucaristia diventa cibo dell’uomo nuovo, «medicina di immortalità» (Ignazio di Antiochia, Epistula ad Ephesios, 20, 2).

5. Il mondo ha essenzialmente bisogno del Vangelo di Gesù Cristo. Egli, attraverso la Chiesa, continua la sua missione di Buon Samaritano, curando le ferite sanguinanti dell’umanità, e di Buon Pastore, cercando senza sosta chi si è smarrito per sentieri contorti e senza meta. E grazie a Dio non mancano esperienze significative che testimoniano la forza trasformatrice del Vangelo. Penso al gesto di quello studente Dinka che, a costo della propria vita, protegge uno studente della tribù Nuer destinato ad essere ucciso. Penso a quella celebrazione eucaristica a Kitgum, nel Nord Uganda, allora insanguinato dalla ferocia di un gruppo di ribelli, quando un missionario fece ripetere alla gente le parole di Gesù sulla croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», come espressione del grido disperato dei fratelli e delle sorelle del Signore crocifisso. Quella celebrazione fu per la gente fonte di grande consolazione e tanto coraggio. E possiamo pensare a tante, innumerevoli testimonianze di come il Vangelo aiuta a superare le chiusure, i conflitti, il razzismo, il tribalismo, promuovendo dovunque e tra tutti la riconciliazione, la fraternità e la condivisione.

La missione ispira una spiritualità di continuo esodo, pellegrinaggio ed esilio

6. La missione della Chiesa è animata da una spiritualità di continuo esodo. Si tratta di «uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 20). La missione della Chiesa stimola un atteggiamento di continuo pellegrinaggio attraverso i vari deserti della vita, attraverso le varie esperienze di fame e sete di verità e di giustizia. La missione della Chiesa ispira una esperienza di continuo esilio, per fare sentire all’uomo assetato di infinito la sua condizione di esule in cammino verso la patria finale, proteso tra il “già” e il “non ancora” del Regno dei Cieli.

7. La missione dice alla Chiesa che essa non è fine a sé stessa, ma è umile strumento e mediazione del Regno. Una Chiesa autoreferenziale, che si compiace di successi terreni, non è la Chiesa di Cristo, suo corpo crocifisso e glorioso. Ecco allora perché dobbiamo preferire «una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze» (ibid., 49).

I giovani, speranza della missione

8. I giovani sono la speranza della missione. La persona di Gesù e la Buona Notizia da Lui proclamata continuano ad affascinare molti giovani. Essi cercano percorsi in cui realizzare il coraggio e gli slanci del cuore a servizio dell’umanità. «Sono molti i giovani che offrono il loro aiuto solidale di fronte ai mali del mondo e intraprendono varie forme di militanza e di volontariato […]. Che bello che i giovani siano “viandanti della fede”, felici di portare Gesù in ogni strada, in ogni piazza, in ogni angolo della terra!» (ibid., 106). La prossima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si celebrerà nel 2018 sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, si presenta come occasione provvidenziale per coinvolgere i giovani nella comune responsabilità missionaria che ha bisogno della loro ricca immaginazione e creatività.

Il servizio delle Pontificie Opere Missionarie

9. Le Pontificie Opere Missionarie sono strumento prezioso per suscitare in ogni comunità cristiana il desiderio di uscire dai propri confini e dalle proprie sicurezze e prendere il largo per annunciare il Vangelo a tutti. Attraverso una profonda spiritualità missionaria da vivere quotidianamente, un impegno costante di formazione ed animazione missionaria, ragazzi, giovani, adulti, famiglie, sacerdoti, religiosi e religiose, Vescovi sono coinvolti perché cresca in ciascuno un cuore missionario. La Giornata Missionaria Mondiale, promossa dall’Opera della Propagazione della Fede, è l’occasione propizia perché il cuore missionario delle comunità cristiane partecipi con la preghiera, con la testimonianza della vita e con la comunione dei beni per rispondere alle gravi e vaste necessità dell’evangelizzazione.

Fare missione con Maria, Madre dell’evangelizzazione

10. Cari fratelli e sorelle, facciamo missione ispirandoci a Maria, Madre dell’evangelizzazione. Ella, mossa dallo Spirito, accolse il Verbo della vita nella profondità della sua umile fede. Ci aiuti la Vergine a dire il nostro “sì” nell’urgenza di far risuonare la Buona Notizia di Gesù nel nostro tempo; ci ottenga un nuovo ardore di risorti per portare a tutti il Vangelo della vita che vince la morte; interceda per noi affinché possiamo acquistare la santa audacia di cercare nuove strade perché giunga a tutti il dono della salvezza.

Dal Vaticano, 4 giugno 2017
Solennità di Pentecoste

FRANCESCO

CVM di Ancona cerca undici giovani per progetti in Etiopia, Tanzania e Italia

Comunità Volontari per il Mondo cerca giovani per progetti in Etiopia, Tanzania e Italia

 

ANCONA  – Comunità Volontari per il Mondo cerca undici giovani che possano prendere parte ai progetti della nostra ong in Etiopia, Tanzania e Italia.

Grazie al bando del Servizio Civile Nazionale (SCN), anche quest’anno c’è la possibilità di vivere dieci mesi di formazione, solidarietà, crescita. E mettersi al servizio del mondo.

L’offerta è rivolta a chi ha fra i 18 e i 28 anni. Per Etiopia e Tanzania, i progetti di riferimento riguardano inclusione sociale, cooperazione e la realizzazione di progetti idrici; per l’Italia, intercultura e formazione.

Nello specifico CVM cerca:
– Quattro volontari per l’Etiopia (due a Bonga e due a Debre Markos).
– Tre per la Tanzania (Bagamoyo).
– Quattro per l’Italia (due ad Ancona, e due a Porto San Giorgio).

Il termine per consegnare la domanda è il 26 giugno (h14,00). Ma per i requisiti specifici, vi rimandiamo a questa pagina dove è possibile trovare tutte le informazioni sui progetti. Oppure potete telefonare alla sede CVM di Porto San Giorgio (0734 674832).

Vi chiediamo di passare l’informazione a tutti i giovani a voi prossimi. Il Servizio civile con CVM è una grande occasione di crescita e di impegno per un mondo più giusto.

CVM – Comunità Volontari per il Mondo

I giovani, al centro dell’ultima riunione di Missio Marche

Martedì 6 giugno scorso a Loreto si è riunita la Commissione Missionaria Regionale prima della pausa estiva

 

LORETO –  Martedì 6 giugno, all’interno della struttura dei Padri Scalabriniani di Loreto, si è tenuta la consueta riunione della Commissione Missionaria Regionale. Sotto la presidenza di S.E. mons. Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno, coadiuvato dal segretario regionale don Nicola Spinozzi, sono stati sviscerati tutti i punti all’ordine del giorno. Un gradito ospite è intervenuto alla riunione: il calabrese Giovanni Rocca, il nuovo segretario nazionale di Missio Giovani.