Padre Renato Zilio, missionario scalabriniano e direttore Migrantes per le Marche, è stato per 37 anni emigrante con gli emigranti, annunciatore del Vangelo ovunque nel mondo, dall’Africa all’Asia. Ma il suo cuore non ha mai smesso di battere per l’Europa, il Vecchio continente, sempre bisognoso della Parola di Dio.

Parigi, Ginevra, Londra e Marsiglia le città Europee dove ha dedicato il proprio carisma missionario all’incontro inter-religioso e interculturale, all’aiuto e alla solidarietà reciproca. Ad arricchire la sua esperienza una parentesi a Gibuti, Repubblica islamica nel Corno d’Africa, dove si dovevano percorrere 400 km nel deserto per andare a celebrare una messa con sei o sette cristiani. Spesso la sua opera missionaria lo ha portato a contatto con realtà povere e di periferia, ma ricche di risorse umane, luoghi dove si impara a “far posto all’altro e mettersi in ascolto”. Luoghi che offrono una profonda occasione per incontrare e conoscere Dio.

Padre Zilio è una mappa umana, su cui non sono tracciati confini. Le sue esperienze di vita missionaria sono raccolte nel libro “Dio attende alla frontiera”, già alla sua 29esima edizione.

Di seguito, il link all’intervista completa di Loredana Brigante a Padre Zilio, per Popoli e Missione:

Il racconto di Padre Renato su Marsiglia:

Tutto questo mi sembra, in fondo, averlo vissuto recentemente nella città più magrebina d’Europa, un vero porto di mare in ogni senso, Marsiglia. Un crogiuolo etnico dai mille volti, lingue e colori, e per ben un terzo di popolazione musulmana.… Città, pure, dai mille problemi, dovuti, tra l’altro, al massiccio fenomeno di immigrazione. Ma anche ricca di tante risorse, soprattutto umane.  Per qualche anno ho vissuto alla parrocchia del quartiere «Belle de Mai» nelterzo arrondissement. Era il «quartiere degli italiani» già da fine Ottocento, per le vicine fabbriche di tabacco, di fiammiferi e di sapone, e il loro gran bisogno di manodopera. Poi, con la loro chiusura e la massiccia presenza araba il quartiere in questi ultimi decenni si è impoverito talmente da essere considerato «il quartiere più povero d’Europa». In chiesa, alla domenica, si incontrano capoverdiani, vietnamiti, spagnoli, africani, qualche vecchio italiano, qualche francese… un’assemblea multicolore, dalle tante fisionomie diverse. Un vero popolo di Dio. I ragazzi più vivaci del quartiere, poi, li incontriamo nella vicina rue Crimée, all’Associazione «Enfants d’aujourd’hui, monde de demain». Sono quasi duecento ragazzi musulmani : irrequieti, affettuosi e sempre distratti. Masticano arabo e francese, vengono qui tutti i pomeriggi per il sostegno scolastico, per fare i compiti, approfondire problemi e conoscenze. È la loro formazione, infatti, che le suore scalabriniane e padre Elia con una sessantina di volontari coltivano con tutte le loro energie. I ragazzi e le donne nei corsi di alfabetizzazione trovano qui uno spazio di libertà, di serietà e di promozione. E così si sente dire, un giorno, da una mamma algerina rivolgendosi alla suora: «Sai, io ringrazio ogni giorno Allah, perchè ci siete voi. Io non sono mai stata a scuola, non saprei farlo, ma voi preparate il futuro di mio figlio!» 
Per me qui è il ritrovare l’Africa in Europa. Per il carisma scalabriniano un’autentica, formidabile frontiera.